Spelongani a Lepanto (7 Ottobre 1571 d.C)

Secondo la tradizione, alla battaglia di Lepanto parteciparono anche un centinaio di spelongani e si narra che si impossessassero di un vessillo sventolante su una nave turca che riportarono in patria come straordinario cimelio di partecipazione e di vittoria.
Proprio nella chiesa parrocchiale di Spelonga è conservata, una bandiera (un drappo di stoffa rossa con tre mezzelune con al centro una stella gialla) che si ritiene provenga proprio da quella battaglia; la tradizione orale a cui si fa riferimento, narra inoltre che un eroe spelongano di nome Carlo Toscano, strappata la bandiera la riportò sino a Spelonga, addirittura ancora macchiata di sangue.

Il cognome “Toscano” appare del tutto insolito in questi luoghi: infatti attualmente non ve n’è traccia; dall’esame dell’archivio parrocchiale, (registro della Confraternita del SS.mo Rosario) si è invece potuto accertare che diverse persone con questo cognome (Antonio, Domenicantonio, Berardino etc.) abitarono a Spelonga nel 1636 ed erano iscritte alla Compagnia.

Finora non è stata trovata alcuna traccia documentale che attesti la partecipazione degli spelongani a quell’epocale evento; gli unici ascolani nominati nei testi storici sono il capitano Antonio d’Ascoli, di cui risulta sconosciuto il cognome, che comandava la galea pontificia “Soprana” o “Suprema” che faceva parte della retroguardia affidata al comando del marchese di Santa Croce e il padre Fulgenzio Parisani che fu uno dei trenta frati cappuccini che da Pio V furono posti nelle galee per assistere le truppe.

Lo storico ascolano Francesco Fabiani, formula l’ipotesi che gli spelongani facessero parte di un contingente di circa cinquecento uomini ingaggiati dai veneziani e partiti col capitano ascolano Guido Guiderocchi “il quale mentre si allontanava da Ascoli alla testa delle sue truppe rimase ferito in un banale incidente e qualche giorno dopo, cioè il 28 marzo 1571 moriva. E’ da presumere che i fanti, guidati dagli altri ufficiali, abbiano proseguito il viaggio per raggiungere la loro destinazione e, se non tutti, un certo numero può aver partecipato alla grande giornata”.

Il Fabiani aggiunge, inoltre, “se non si vuole ammettere che questi spelongani partissero col Guiderocchi, si può pensare che siano stati ingaggiati (per il tramite di qualche nostro capitano) Da Alessandro Farnese, figlio di Ottavio duca di Parma e Castro, quando il 9 maggio 1571, venne ad Ascoli al seguito di sua madre Margherita d’Austria. Il Farnese era nipote di Don Giovanni d’Austria e prese parte alla battaglia di Lepanto su una galea della repubblica di Genova”.

Negli atti del “1°Convegno Marche e Islam, la battaglia di Lepanto” Porto Recanati – 4 Ottobre 2003, Gabriele Cavezzi sulla base di documenti dell’Archivio di Stato di Ascoli Piceno elabora una nuova e interessante ipotesi sulla partecipazione spelongana a Lepanto.
Egli afferma, infatti, che la seconda metà del cinquecento è un periodo “quanto mai drammatico per la carestia che infuria tra le popolazioni dell’Appennino e, lo Stato della Chiesa, deve intervenire per autorizzare movimenti di grano in quella direzione, con partenze dai porti del fermano (…)”.

In pratica veniva autorizzato il trasporto di modeste quantità di grano dalle zone costiere fino ad Arquata senza dazi ed imposte a condizione di non abusare di questo privilegio, sia contenendo le quantità di grano trasportato che evitandone il commercio con Norcia.
Proprio secondo questa ricostruzione degli eventi la partecipazione degli spelongani alla battaglia di Lepanto troverebbe spiegazione nella frequentazione di queste genti dei porti della vicina costa per scambi commerciali; pertanto il loro reclutamento potrebbe essere avvenuto direttamente nelle zone portuali.

Qualunque sia l’ipotesi più attendibile che possa colmare questa lacuna storica, la memoria della battaglia di Lepanto, tramandata nei secoli di generazione in generazione fra gli spelongani resta comunque a testimoniare l’importanza che ha rappresentato nella vita di una comunità montana devota alla religiosità della battaglia stessa; con il medesimo fervore religioso, nato da questa vittoria sui turchi, nasce a Spelonga la Confraternita del SS.mo Rosario, la quale ha mantenuto viva la memoria di quegli eventi giunti fino a noi nella rievocazione storica di una festa tanto sentita.

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Autore: Dario Nanni